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BLA BLA BLA
C’è sto cazzo di bicchiere.
Un calice. Non un bicchiere.
Che è tutto diverso dai vicini.
Intanto è più alto.
Non di tanto.
Ma un po’ sì.
BLA BLA BLA
E poi non è circolare circolare.
No.
È tipo un Dodequalcosa. Anche di più.
Ha tanti latini che girano. E girano. Fino a sembrare un cerchio sbagliato. Mezzo rotto.
BLA BLA BLA
E invece non è rotto.
È solo un po’ diverso.
Diverso dai vicini.
Che sono calici normali. Circolari.
Calici veri.
– Dobbiamo spostarlo.
– Eh?
– Dobbiamo spostarlo. Quel bicchiere. Quello Dodequalcosa. Ho paura di romperlo.
– Ma mi stavi ascoltando???
– Si. Sono un coglione. Dobbiamo spostarlo. Ho paura di romperlo. Oppure spostarci noi.
– Tranquillo. Era del mio ex. Non me ne frega niente. Puoi distruggerlo. Comunque. Ti dicevo.
BLA BLA BLA
Non so.
Secondo me non è vero.
Non è vero che non gliene frega niente. Se lo rompo.
Forse ora lo pensa.
Che sia vero.
Ma dopo? Poi?
Poi è troppo tardi.
BLA BLA BLA
O forse lo sa. Lo sa che non è vero.
Ma lo dice per gentilezza. Per non farmi prendere male. O solo per non fare la parte.
Come quella volta che me la sono dimenticata al…
Boh. Da qualche parte. A una serata.
Anche lì aveva detto tranquillo.
Ma poi.
Poi no.
Non era vero.
Non dovevo stare tranquillo.
BLA BLA BLA
È che sto cazzo di Dodequalcosa è pure grusso. Più largo.
Scombina tutti gli altri calici.
Che sono tutti belli in fila. Perfetti. Ordinati.
BLA BLA BLA
No. Lui no.
Viene avanti. Tutto impettito. Tronfio. Su sta cavolo di mensolina bianca.
BLA BLA BLA
Ma sta mensolina bianca è troppo piccola. Impaurita. Non è adatta a Dodequalcosa spavaldi.
Forse per gli altri sì. Per gli altri calici intimiditi va bene.
Ma dai.
Per Dodequalcosa spavaldi no.
– Dobbiamo proprio spostarlo. Ho paura di romperlo.
Si ferma.
Lo fissa.
Torna a guardarmi.
– Andre, quel bicchiere non cadrà. Smettila di interrompermi.
– Scusa. È che viene avanti troppo convinto. Non so. Ho paura di romperlo.
Si concentra sugli occhi.
– Andre…
– No. Davvero. È solo che ho paura di romperlo. Lo so. È molto probabile che lo romperò. Alla fine. Viene troppo avanti. Così cazzo… Cioè… Così lo rompo di sicuro!
Fa quella faccia.
– ANDRE! CAZZO! UNA COSA TI HO CHIESTO! UNA!!! MA COME CAZZO
BLA BLA BLA
Non è come pensa.
Cioè.
Sì.
Ma non è questo il problema.
No.
BLA BLA BLA
Il problema è che quel Dodequalcosa non ci sta lì. In equilibrio su quella cazzo di mensolina impaurita. In mezzo agli altri calici ordinati. Precisi.
No. Non ce la fa a starci.
Si vede.
Gli manca l’aria.
Vuole andare giù.
Giù.
Mi asciugo il sudore dalla fronte.
BLA BLA BLA
Ma io non voglio.
Cioè.
Cazzo.
Non voglio!
Si rompe!
BLA BLA BLA
Inizio a grattarmi.
Le braccia. Il collo. La testa.
Forte.
Smette di parlare.
No.
Non voglio.
Viene avanti.
Cazzo! Sta venendo avanti!
Ma non lo capisce che così si rompe?
Cazzo! Così si rompe!!!
Perché non lo capisce?
Cazzo!!!
Inizio a piangere
Ti prego!
Anche tu. Anche tu sei un calice calice.
Davvero!
Anche gli altri sono pieni di latini che girano. Solo che da qua non si vede. Da qua sembrano belli precisi. Circolari. In ordine.
Ma no. Da dentro no.
Da dentro anche loro sono un cazzo di casino!
Da dentro anche loro sono Dodequalcosa. Forse di più.
Fidati!
Torna con gli altri. Starai bene.
Te lo giuro!
Non venire avanti. Così ti rompi!
Ti rompi cazzo!!!!
E poi sarà troppo tardi!
Troppo tardi!!!
Salto in mezzo alla stanza.
Mi afferra delicatamente un braccio.
– Amore…
La guardo.
Piange. Piange anche lei.
Ha capito che quel Dodequalcosa si rompe.
Mi prende la faccia tra le mani.
– Amore. Ti prego. Tranquillo. Ora lo spostiamo.
– Si. Dobbiamo spostarlo. Subito! Dobbiamo spostarlo subito!!!
– Sì. Ora lo spostiamo. Ma ti prego…
Mi tiene le guance tra le mani.
Mi accarezza.
Si volta verso il Dodequalcosa.
Lascia le guance.
Un passo.
Due.
Leeeeeeeeentiii.
Leeeeeeeeentiii.
Alza la mano destra.
Con dolcez